Tullio Kezich da "Il Club" di Cineclassic - Dicembre 2002
“... Mi piacerebbe spendere qualche parola intorno alla persona di Leo, della quale sono, da sempre, un grandissimo ammiratore. Ritengo che egli abbia un solo grande difetto, quello di essere nato a Catania e non a Los Angeles. Sono certo, infatti, che, nel secondo caso, avrebbe già ricevuto almeno tre Oscar.
Gullotta non può essere classificato in alcuna delle tradizionali categorie recitative. Non può essere, infatti, ‘catalogato’ né buono né cattivo, né sinistro né affettuoso, dal momento che riesce, in modo stupefacente, ad interpretare tutte queste differenti personalità con la medesima intensità recitativa.
E’ uno strumento atoriale straordinario, intorno al quale, qualunque autore o regista può permettersi di suonare la sua musica sicuro che egli la interpreterà nella maniera più intonata possibile. Proprio in questo, tuttavia, risiede il limite della popolarità d’un attore come Gullotta che ha avuto il coraggio, ma anche il piacere, di presentarsi con un’immagine ogni volta diversa ma sempre perfettamente intonata al senso generale dei film nei quali ha recitato. Davvero pochi sono coloro dei quali si può raccontare una così grande versatilità recitativa !
La maggior parte degli attori, infatti, anche quelli molto bravi, portano unicamente se stessi all’interno dei propri film, in una logica (quella dell’ ”io in”) esattamente opposta al modello su cui si fonda l’arte recitativa di Leo. Egli, infatti, cerca sempre di immergersi in profondità nella storia e di intonarsi perfettamente al suo significato, cosa che, naturalmente, esige una fatica ed un impegno straordinari.
Spencer Tracy, ad esempio, è un attore divino, ma nei propri film porta sempre, fondamentalmente, se stesso. Al contrario, Gullotta cerca sempre di tener conto di tutto ciò che lo circonda, del contesto, di chi lo dirige, dei compagni di lavoro, del significato dei personaggi interpretati, un lavoro finissimo alla fine del quale, spesso, è più quello che da che quello che riceve…”