II ruggito esilarante di Leo
Lo spettacolo di Gullotta e Anna Mazzamauro al teatro Ambasciatori
di Domenico Danzuso
Gli è rimasto un viso da bambino. Di un ragazzino furbo e petulante però, di quelli cioè, che compiuta da poco una marachella, riescono a fingere, mascherando il malfatto dietro un volto angelicamente innocente; ma anche di quelli che, a guardarli fissi negli occhi, non sanno mentire, non sanno sfuggire alla confessione involontaria.
Questo è Leo Gullotta protagonista al teatro Ambasciatori con Anna Mazzamauro (ma anche con Rosaria Ralli e Laura Giacomelli), di Due in cabaret…più 2 di Giordano Greco e Ventimiglia Riviè. Un catanese che in oltre vent’anni di palcoscenico s'è costruita un'invidiabile fama d'attore comico e drammatico insieme; un catanese che pur tessendo per trama e ordito tutta l'Italia e sempre legandosi a nuove esperienze - di teatro, cinematografiche e televisive - non dimentica le proprie origini geografiche e popolari (egli è nato nel quartiere del Fortino e se ne vanta) con quanto di autentico e di sorgivo questa condizione umana comporta. Ecco allora risentirsi in lui, penati in corpo come una seconda natura, ironia e dramma, farsa e tragedia, irriverenza e dogma, tutti quegli elementi che fanno appunto un figlio dell'Etna impastato di sole e di vento, di lava fumante e di dolcezza, di furbizia e di bontà.
Leo, lo ricordiamo ancora quasi debuttante, districarsi abilmente nel gioco pirandelliano del teatro nel teatro dei Sei personaggi in cerca d'autore e poi crescere a poco a poco per laurearsi attore drammatico di notevole impegno, e poi fuggire la condizione provinciale e farsi strada a Roma a strattoni e gomitate fino al Bagaglino, il tempio del cabaret all'italiana, della comicità suscitatrice, tra satira e ammicco, della franca e spensierata risata: un genere nel quale in verità, Gullotta non sembrava versato, stante i precedenti ruoli ricoperti, e nel quale invece s'è dimostrato elemento di spicco.
Poiché quel suo fare teatro - ché sempre di teatro si tratta - con la smorfia sul viso, con quella faccia che si trasforma in maschera classica, con quella comicità or azzardata, or discorsiva fino all'usualità, ha i caratteri dell'originalità e dell'immediata comunicativa, quasi che battute e gags, tutte di lucida immediatezza, fossero quasi ovvie e conseguenti, come maturate dentro di noi, conclusione necessaria dell'assunto dal quale si era partiti. Eppure al contrario le trovate di Gullotta, comico al fulmicotone, cadono sopra di noi come spruzzi d’acqua, come sferzanti pungoli di scatenata intelligenza, si tratti della satira al nudismo dei nuovi adepti, lettura reaganiana dei cinque cerchi olimpionici, o della «mucca da doccia» prevista per Poppea o, infine, della parodia della sceneggiata napoletana. Poi l'attore tragico trova il sopravvento e, nel ricordo di Giuseppe Fava, ecco alcuni brani della Violenza, un testo appunto che aveva posto Gullotta all'attenzione della critica nella sua stagione di Teatro Stabile. Ed è un po' il culmine di una performance guidata da buon gusto e misura e presieduta da un'umanità che si coglie a piene mani.
La stessa umanità che in verità ritroviamo in Anna Mazzamauro, altra attrice di qualità e prestigio che ha il coraggio di interpretare in film l'innamorata di Fantozzi e che qui si profonde in un'irridente autoironia graffiante e talvolta crudele che pure le capta ogni simpatia del pubblico. Quello della bruttezza è infatti tema delicato e pericoloso che ha si del comico per il modo come i porta agli spettatori, ma che per la componente personale ha momenti di autentica tragicità. Eppure questa donna impavida riesce ad affrontare tale argomento, satireggiando a destra e a manca come se non parlasse di sé, come se anzi esercitasse una critica verso altri individui lontani ed estranei. D'altra parte, anche uscendo da quell'incrudelito gioco, la Mazzamauro sa districarsi con abilità e quasi con noncuranza, mostrando non solo notevoli doti di cantante originale e impegnata, ma soprattutto una
straordinaria verve e inventiva in scenette nelle quali, per esempio, viene posta in berlina Greta Garbo coi suoi vezzi di «divina», o la dilettante con vistosi difetti di pronuncia che partecipa per la prosa alla Corrida la fortunata trasmissione radiofonica di Corrado, alla quale si presentavano autentici mostri di preparazione e supponenza.
Per un Gullotta dunque tutto insinuazioni e suggestioni, una Mazzamauro vistosamente esplicita, scatenata fonte di divertimento, ma anche, attraverso certe canzoni, di malinconica tristezza.
Allo spettacolo - talvolta in funzione di «spalla» di Gullotta, talaltra in posizione autonoma - partecipano anche due scatenate danzatrici e cantanti (le già citate Ralli e Giacomelli), le quali si prendono la loro dose di applausi: quegli stessi applausi che in modo vistoso cadono a pioggia sulla Mazzamauro e su Gullotta.
Domenico Danzuso