Il Giornale

Ranieri, un ragazzo nell'inferno dei bambini in nero

Occhio alla TV

di Sandro Bolchi
 
«Madamina, il catalogo è questo, delle belle, che amò il padron mio... », canta Leporello nel «Don Giovanni». E attacca un elenco di amanti, femmine splendenti, conquiste rapinose, passioni fugaci. «... E in Ispagna son già mille e tre», conclude in una notte rischiarata da una luna complice e un po' ruffiana.

Nel catalogo che sciorina l'illustre sceneggiatore Ennio De Concini figurano pochissimi amori e i soliti morti ammazzati, una vita violenta che non pretende di avere la grazia feroce di Mozart, anche se mi piacerebbe che un «andante con moto» segnasse, una volta tanto il tempo in un melodramma a tinta unita come questo «Ricatto 2» (Canale 5, martedì, ore 20.30). Siamo alle solite. Camorra, organizzazione spietata, rapimenti, intrighi internazionali. Spunta un nuovo spettro: quello del bambino usato come corriere della droga, odiosa merce di scambio, «baby» dalla faccia sporca. Napoli è vista attraverso un enorme ingorgo di auto che ne intasa il cuore, un inferno corazzato che per fortuna non lascia trapelare né il profumo d'aranci né la luna a Marechiaro. Le finestre non luccicano ma proteggono sfruttamenti perfidi e ignobili.

I bricconi che si fanno largo tra una macchina e l'altra, che sfidano il rombo ossessivo delle moto sono vittime del luogo comune. La vitaccia che brulica nei vicoli corre qualche rischio di «già visto», la malafemmina dalla coscia rancida incrina il quadretto di genere; non tutti i bambini e i ragazzotti hanno le facce giuste e c'è odore di imparaticcio, specie in quel Totò Cascio, divetto di maniera, che non sa più ritrovare il candore di «Nuovo Cinema Paradiso».

La droga s'imbuca un po' dovunque, nelle esili braccia di ragazzine angeliche (Amanda Sandrelli) o in altre già massacrate dall'eroina. La novità è che sono i giovanissimi a regolare il traffico: «Bambini nell'ombra» come dice il sottotitolo del film. Accontentatevi di una certa sobrietà nel racconto, perché la cronaca nera ci ha già informati da tempo sul fenomeno che De Concini non si affanna a reinventare. C'è però un personaggio straordinario, un «femminiello» di nome Carla che morirà malamente e che Leo Gullotta disegna con arte finissima. Un impasto di «dolore, viltà, anima perplessa; figura sempre inseguita da una bava di vento che ne scompiglia la misera parrucca di donna a metà. Una trovata molto bella e delicata.

Le donne, almeno per ora, hanno un ruolo «à côté»: l'amore stenta a fiorire, rappresenta il lato debole della storia che invece si anima subito di fronte alla crudeltà. Si aggira per le strade di questo mondo allo sbando il visino così fragile, così disperato di Massimo Ranieri, il commissario Fedeli in aspettativa cui hanno ucciso il figlio Luca. Ranieri è un ottimo attore che la faccia aiuta poco. Anche lui è un bambino spezzato: e non bastano la barbetta indecisa e semovente (va e viene quando vuole) né un po' di biacca tra i capelli a dargli i segni della maturità.

Tra gli altri attori, quasi tutti sotto il limite del decoro (la recitazione, nel film, è curata pochissimo) si fa notare Laura Del Sol. La regia di Vittorio De Sisti, ben protetta dalla fotografia di Mino Celeste, non indugia troppo nell'effetto facile: e ci presenta una Napoli aspra con 'o sole mio che impolvera la città senza baciarla in fronte.

Sandro Bolchi