Gullotta, che diavolo d'attore
Reduce da "Operazione Odissea", per Canale 5, e "Un uomo perbene", che andrà a Venezia, si racconta tra privato e camera
«Sarò mefistofelico e feroce sia in tv con Fragasso che nel film di Zaccaro»
Di Micaela Urbano
«Abele? E esplicito. Tutta la mia curiosità è per Caino. lo? Una persona perbene, il che non significa imbecille. La malattia dell'Italia? L'ignoranza»
ROMA - Il diavolo ha messo la coda in tv e al cinema. E Leo Gullotta è sceso all'inferno interpretando due personaggi diabolici. Il primo, un mafioso pentito quanto mefistofelico che parla in modo ricercato, non disdegna il computer, adopera la stilografica di quando in quando per godere di un oggetto tradizionale quanto raffinato, è il protagonista di "Operazione Odissea", il film tv di Claudio Fragasso che il prossimo autunno sbarcherà su Canale 5. L'altro arriva al cinema direttamente dalla cronaca nera. Si tratta di quel Pandico, clinicamente dichiarato criminale e attualmente in carcere, che iniziò la carriera delinquenziale a soli 19 anni quando, innervosito per aver atteso troppo all’Anagrafe, sparò a bruciapelo contro l'impiegato, freddandolo. Pandico fu il primo accusatore di Enzo Tortora durante quel processo che fu ed è ancora una vergogna italiana e che Maurizio Zaccaro ha portato sul grande schermo con "Un uomo per bene", che verrà presentato alla prossima Mostra dei cinema di Venezia.
Due ruoli sulfurei per un grande interprete che passa con disinvoltura dal riso al dramma, dal cinema al teatro, alla tv. E che non farebbe male a una mosca. Pur riconoscendo il potere dei Male: «Lo rifiuto e lo contesto. Ma solo i cretini possono ignorare il fascino mellifluo e spietato del rovescio della medaglia. Il Male è Satana, è l'anti Cristo, è il fuori legge, è l'anti Cuccia. Cuccia che tiene in piedi quella economia che la mafia mina e tenta di distruggere».
Gullotta tra Caino e Abele.
«Abele è un personaggio dichiarato, esplicito. Tutta la mia curiosità va a Caino. E ai Giuda dei secoli nei secoli. Di Abele che cosa c'è da scoprire? Caino invece scatena le domande. Perché ha ucciso? Per predestinazione, per gelosia, per il potere, per sapere per il gusto di ammazzare».
Esiste la crudeltà a tutto tondo?
«Non credo, c'è sempre un lato, una sfaccettatura, un neo di bontà. In tutti c'è Jeckyll e in tutti c'è Hyde ... ».
Anche in HitIer?
«Mai negato che esistano le eccezioni ... O la follia ... ».
Meglio un ruolo spietato o il contrario?
«Me ne infischio. Quello che conta è la storia: se la sceneggiatura è buona, sono buoni anche i personaggi».
L'azione più cattiva che ha commesso?
«Non so, davvero… Da bambino non crocefiggevo le lucertole, non mettevo le farfalle nel forno ... Il massimo era fare pipì sui pomodori dell'orto del vicino: non ferocia, ma goduria».
I mali italiani?
«L’ignoranza. Le scuole dove, a differenza degli altri Paesi, non si insegnano né musica né teatro. E la disoccupazione, una certa politica che vuole che il Sud resti in ginocchio: tanto si arrangia, sopravvive ... Però siamo entrati in Europa, dicono».
E quelli del cinema?
«La presunzione di certa gente, che al debutto non dice faccio il regista, ma: sono un autore».
La sua Catania.
«Da bianca e nera che era, adesso è di nuovo cento colori e sapori. Grazie al sindaco Bianco è cambiato qualcosa, i giovani hanno alzato la testa, non subiscono più, non ne possono più nemmeno di sentir parlare di mafia. E molti adulti si sono rimboccati le maniche e hanno voltato le spalle all'arte di arrangiarsi».
E Roma, la sua seconda città da 27 anni?
«E' un'amante, e matrigna - se non hai soldi ti emargina - e coccolona, porcona,
bigotta, casinara, magica. Cialtrona, sorniona e menefreghista come quei trasteverini di una volta che avvertivano: mun ve movete, che mun me posso move».
La sua ricetta per vivere bene?
«Un'insalata di pomodori, un buon libro, il sole, il mare, un sorriso. Mi accontento di poco? Esattamente il contrario. Una persona per bene? Certo. Quando mi presento dico sempre nome e cognome e guardo negli occhi chi ho di fronte. Disponibilità non significa imbecillità».
La carriera?
«Non lavoro inseguendo il successo: lavoro. Con passione. Dai teatrini televisivi a film come Testa o croce, Scugnizzi, Il carniere».
Uomini si nasce o si diventa?
«Si diventa. Osservando, sapendo ascoltare, non salendo sul carro dell'ultimo politico vincente: coltivando la dignità. Anche se non è facile in un Paese che troppo spesso confonde Cristo con Maria».
Un desiderio.
«Continuare a lavorare con volontà. E a vivere con dignità».
Micaela Urbano